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25 Settembre 1998, 01:12
*Tomoya era rimasto da un quarto d'ora solo con Juditha nell'abitazione abbandonata. Sembrava tutto calmo, ma sapeva che era la quiete prima della tempesta.*
"E' in arrivo una tempesta." *Disse a bassa voce Tomoya.* "Una tempesta di Zombie."
(Quando tornano Sunohara e Hotsuma? Staranno bene?)
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"Merda, merda e ancora merda."
*Juditha stava iniziando a perdere le staffe. L'alter ego era ancora al comando e continuava ad imprecare a bassa voce. I due si trovavano in una posizione di netto svantaggio, sarebbe balzato all'occhio anche all'occhio più inesperto. Due contro chissà quante centinaia e per di più una ferita ed un incapace. Improvvisamente cercò di fare mente locale e chiuse gli occhi, alla ricerca di un po' di concentrazione. Parlò ad alta voce con un tono che non ammetteva repliche.*
"Scappa. Io me la caverò comunque. Va dagli altri, finché sei in tempo."
*Naturalmente stava mentendo spudoratamente. Lei non aveva più possibilità di vittoria.*
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"Te la caverai comunque? Io no. La' fuori ci sono troppi Zombie, se uscissi mi massacrerebbero." *Disse Tomoya.*
*In quel momento un'orda di Zombie entrò nella casa, con qualche Licker. Tomoya si vide scorrere l'intera vita davanti agli occhi, ma tutti quegli zombie morirono in pochi secondi bruciati.*
"Serve un accendino?"
*Disse Sunohara. Aveva trovato un Lanciafiamme.*
"Sunohara! E Hotsuma? Che fine ha fatto? Sta bene?"
"Dovrebbe stare bene. Ci siamo separati. Non potevo lasciarvi così."
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"Ammirevole. Ora puoi andare."
*Ripeté l'invito guardandolo negli occhi.*
"Non mi interessano i vostri discorsi strappalacrime da eroi di serie B. Andate, ora."
*Il volto non si scompose in un'espressione né di saluto né di addio. Nemmeno un sorriso.*
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"Come dice lei. Andiamo, Tomoya!" *Disse Sunohara senza esitare. Tomoya diede un'occhiata fuori e sembrava che gli unici zombie nelle vicinanze fossero morti. Gli zombie si intravedevano molto lontano*
"Sunohara! Per favore!" *Gli urlò Tomoya.* "Non possiamo lasciarla qui!"
"Okazaki, ma se l'ha detto lei stessa!" *Rispose Sunohara.* "Ora non c'è neanche uno..."
*Sunohara e Tomoya videro una figura grossa e mostruosa avvicinarsi, lentamente.*
"Sunohara? Cos'è quello?!"
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"Dannazione! Fuggite!"
*All'improvviso l'apparente stato di calma sparì in un istante, lasciando spazio ad un urlo di rabbia. Sotto gli abiti lo sentiva pulsare. Il suo calore iniziava ad irradiarsi per tutto il corpo. Juditha si fece coraggio e sollevò l'abito nero, esitando. Un vistoso livido nerastro si diramava dall'ombelico alla spalla destra. Il dolore era diventato insopportabile e la ragazza iniziava a sentire la pelle pizzicare.*
"Contenti, ora?"
*La trasformazione fu questione di pochi secondi. Gli occhi le si rovesciarono all'indietro e l'esile corpo cominciò a muoversi, in preda a convulsioni. La pelle divenne di un colorito sporco e il corpo le si riempì di croste sanguinolente. Pochi secondi dopo la nuova Juditha si trovava a pochi metri dai due ragazzi, pronta a far legna con la sua accetta.*
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"Okazaki! Attento!"
*Tomoya vide Juditha trasformarsi, era impassibile. In pochi secondi se la ritrovò addosso, stava iniziando a vedere tutto sfocato e sentire tutto rimbombare nella sua testa.*
"Dannazione! Okazaki! Cavolo, cos'è quella cosa?"
*Tomoya non vide più nulla.*
[...]
(Cos'è questo posto? Dove sto andando?)
*Tomoya stava camminando, lentamente, insieme ad un'altra massa disordinata di persone... no, quelle non erano persone. C'era un ragazzo. Un ragazzo biondo. Sembrava ferito, stava sparando ad alcuni di loro, sembrava difendersi. Gli sembrava familiare, ma Tomoya aveva voglia di carne... carne fresca.*
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*Alcuni suoni disumani uscirono dalla disgustosa bocca della ragazza. Insulti e imprecazioni incomprensibili rivolti verso il cielo. Camminando si ritrovò all'interno di quella che un tempo doveva essere stata una casa. Uno specchio era appeso alla parete e il mostro vi si avvicinò camminando lentamente. Juditha vide il suo riflesso, il riflesso di un essere abominevole, assetato di sangue e di vita. In un ultimo barlume di lucidità riuscì a formulare una frase a voce bassa prima di andarsene, sparendo tra i suoi simili.*
Il magnifico specchio antico brillò per un attimo sotto la luce della luna. Conservava un segreto, una testimonianza, l'ultima scintilla di umanità.
"Demone o Mostro? Non ne sono più sicura. No. Io sono umana."
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